La storia di Indesiderabili

Luglio 13, 2013

di Chiara Cremaschi

Quello che mi preme sempre raccontare, quando presento questo film, è il suo percorso di creazione e costruzione. Questo non per “giustificare” le evidenti lacune, incertezze e lentezze, ma perché il film è stato creato mentre lo si faceva, condizionato dai tempi dei finanziamenti, ma anche da quelli delle vite delle persone che ci hanno lavorato. Credo sia importante raccontarlo, perché sono consapevole di quanto sia faticoso comprendere il lavoro che c’è dietro ad un film in generale, in questo caso più complicato perché si tratta di un film indipendente e fuori dai circuiti.

All’inizio c’è l’idea di Bernardo Milano, che, supportato dalla tenacia di Giovanna Zunino, è arrivato fino a Baldina Di Vittorio per ricordarle di Rieucros, e dirle che sarebbe stato importante parlarne. Poteva succedere solo questo, un’idea bella e interessante che si chiudeva in una chiacchierata. Tanto più che Baldina (ero presente all’incontro…) si è subito chiusa rispetto alla proposta, non le sembrava giusto parlare di sé, non le sembrava forse, all’epoca, così significativo l’episodio.

Invece quell’incontro ha messo in moto una macchina, lenta è vero, ma efficace, che è arrivata a produrre un film ed un libro, che testimoniano quanto invece quel piccolo episodio sia importante ed attuale. Per costruire il film siamo andate a Roma da Baldina e Lina Fibbi, a Rieucros, a Parigi, a Berlino, ci abbiamo impiegato quattro anni.

Credo che a convincere Baldina sia stato vedere Paola e me, due giovani donne, veramente interessate al “camp de femme”. Non ne avevamo mai sentito parlare e, dopo una ricerca in internet, ci eravamo accorte che molto probabilmente, ne avevano sentito parlare molto pochi.

Ma i sentimenti di solidarietà e condivisione nati in quel campo, tra donne indesiderabili, così come la scelta della creazione (di testi, disegni, acquerelli, bottoni, ricami…) come forma di Resistenza, mi sembravano magnifici. E, ripeto, mi sembra importante ricordare perché intorno a noi dei campi di questo tipo ci sono ancora. Ci sono luoghi dove vengono forzatamente portate le persone senza permesso di soggiorno, e, proprio come a Riucros, chiuse e dimenticate.