Eravamo amici, compagni che andavamo lavorando insieme, a togliere l’erba del grano, andavamo alla Torre, appendevamo le bisacce, le zoccole grandi così, la madonna! che si andavano a mangiare tutto il pane. E quello andava sempre con un giornale, sempre con un libro, sempre leggendo, sempre leggendo, sempre, sempre con una lettura. E’ la natura, quello proprio che nacque con quelle idee. Poi quando andavamo lavorando, che andavamo arbitrariamente, che stava il lavoro arbitrario e andavamo fuori senza padrone e ci mettevamo a lavorare. E una sera andammo, il padrone disse: ” No, e chi vi deve pagare a voi?! Cammina…” e ci cacciavano pure. E la sera al Circolo Giovanile ci dicemmo: “Peppì guarda che noi siamo andati da quel padrone e non ci vuol pagare”. “No?”, e veniva lui, con una scollacciopp [cravatta] al collo tutta rossa, con la paglietta su un lato. Andavamo dal padrone: “Permesso?”, “Avanti, avanti”. Allora noi abbasso e lui saliva. Scendeva coi soldi, scendeva coi soldi. E che teneva quello, teneva il miele nella bocca?! Li faceva calare, come niente, ai padroni. Gli volevano tutti bene però, gli volevano bene che non gli dicevano neanche tanto contro di lui, niente, niente. E se qualcheduno gli faceva un male, mai contro, lo prendeva, bello… era bello assai proprio.
Gaetano Lorusso (n. 1902), bracciante