Joris Ivens, “Il canto dei fiumi”

Nel documentario di Joris Ivens “Il canto dei fiumi” del 1954 è inserito l’intervento di Giuseppe Di Vittorio durante il Congresso della Federazione Sindacale Mondiale a Vienna nel 1953. Lo stralcio finale dell’intervento, estratto dalla colonna sonora, è contenuto nel disco “Il sole si è fatto rosso. Giuseppe Di Vittorio” delle Edizioni Bella Ciao/Dischi del sole, Milano 1979.
Di seguito la scheda del film, una recensione e la biofilmografia di Ivens:

IL CANTO DEI FIUMI
Anno 1954

Titolo originale DAS LIED DER STROME

Produzione HANS WAGNER per DEFA, BERLINO, in collaborazione con la F.S.M.

Regia
JORIS  IVENS  (George Henri Anton Ivens  1898-1989, Nijmegen, Paesi Bassi)

Sceneggiatura
JORIS  IVENS, VLADIMIR  POZNER

Fotografia
ANATOLI  KOLOSCIN, ERICH  NITZSCHMANN, MAXIMILIAN  SCHERER, SACHA  VIERNY

Musiche
DMITRIJ  SHOSTAKOVICH

Montaggio
ELLA  ENSINK, TAUTE  WISCNEWSKI

Assistenti alla regia:
JOOP HUISKEN, ROBERT MENEGOZ

Per la fotografia operatori di 15 Paesi

Commento:
VLADIMIR POZNER

Testo della canzone:
BERTOLT BRECHT e SEMION KIRSANOW, cantata da P. ROBESON

[Da www.cinematografo.it ]

Recensione di Veronica Flora

[…] Ne Il canto dei fiumi (1954), il movimento rotatorio con cui le mani di un uomo plasmano un vaso evoca l’immagine di un gruppo di pescatori che sembrano danzare; i campi di grano mossi dal vento assumono le movenze dei grandi fiumi del pianeta, dal Rio delle Amazzoni al Mississipi, ricordando le masse operaie che s’incontrarono nel 1953 al Congresso della Federazione sindacale mondiale, che Ivens fu incaricato di raccontare. Per eccesso di coinvolgimento ideologico, Ivens rende ingombranti alcune sequenze filmiche, legate alla committenza di partito (come ad es. quelle che descrivono il dibattito del Congresso dei sindacati come un inno alla fratellanza e alla convergenza delle idee, sorvolando sui contrasti esistenti). Tuttavia, segno di riconoscimento del suo cinema resta l’intensità poetica, incontrata nel realismo hemingwayano che affiora dalle immagini dei volti dei lavoratori e delle loro storie, nella sua volontà di esporsi, anche in tarda età, scoprendo le proprie paure – prima fra tutte quella della morte – infine nel racconto del suo rapporto sofferto (tra adesione e contestazione) con altre culture – in particolare quella cinese.
[Da una recensione di Veronica Flora in www.cinemavvenire.it ]

Recensione da Mymovies

JORIS  IVENS – Figlio di un fotografo, si familiarizzò ben presto con la tecnica cinematografica. Esordì nella regia con Il ponte (1927) e Pioggia (1929), due cortometraggi, dove il formalismo si univa con un delicato lirismo. Ad essi fece seguito I frangenti (1929), unico film a soggetto girato dal grande documentarista. Successivamente, seguendo le sue convinzioni politiche, si dedicò quasi esclusivamente al documentario sociale e politico. Girò il mondo per filmare i diversi aspetti della lotta degli uomini per il progresso sociale e civile. Dopo aver esaltato la gioventù comunista russa in Komsomol o Il canto degli eroi (1932), realizza in patria Zuiderzee (1930-34), comunemente considerato il suo capolavoro, nel quale al tema dell’esaltazione del lavoro compiuto dall’uomo per strappare la terra al mare si connette quello della protesta per le condizioni di lavoro. In Belgio gira Borinage (1933) che filma le misere condizioni di lavoro dei minatori; in Spagna documenta la tragedia della guerra civile in Terra spagnola (1937), con commento di E. Hemingway; in Cina riprende l’eroica resistenza di quel popolo ai giapponesi in I 400 milioni (1939); negli USA e in Canada durante la guerra, firma tra l’altro, con Lewis Milestone, Our Russian Front (1941) e collabora alla serie Perché combattiamo di Frank Capra. Nel dopoguerra acuisce il suo impegno sociale e politico: ovunque vi sono degli oppressi da difendere o delle rivoluzioni da fare, egli si sente attratto, impegnato a scoprire la profonda umanità che ogni lotta nasconde. Si interessa all’entusiasmo che anima i nuovi Stati comunisti con I primi anni (1947-49), Carnet di viaggio (1960) e Popolo armato (1961) su Cuba. Abbraccia le speranze delle associazioni pacifiste e antimilitariste internazionali con La pace vincerà la guerra (1951) e L’amicizia vincerà (1952); si interessa ai problemi dei nuovi popoli che si affacciano sulla scena mondiale con L’Indonesia chiama (1946) e Domani a Nanguila (1960); dedica molte energie alla guerra vietnamita girando il Il cielo, la terra (1965), Il diciassettesimo parallelo (1967) e Il popolo e i suoi fucili (1969) ambientato in Laos.
Non dimentica neppure di gettare uno sguardo sulla realtà dell’Europa girando, chiamato da Enrico Mattei, il documentario televisivo L’Italia non è un paese povero (1959). L’impegno politico militante non spegne la sua vena lirica che ha modo di esprimersi in lungometraggi come Il canto dei fiumi (1954-55, a cui collaborano Brecht, Shostakovic, Robeson, Pozner), A Valparaiso (1963), La Senna incontra Parigi (1957, ispirato da una poesia originale di Prèvert) o Le mirtral (1964) in cui l’amore per tutto ciò che è umano trasforma il grande documentarista in un autentico poeta della macchina da presa. Torna a interessarsi della Cina e della sua rivoluzione negli anni Settanta girando un’opera complessa e militante Come Yukong rimosse le montagne (1973-75). Ancora la Cina e i suoi magnifici paesaggi sono i protagonisti dell’ultimo lirico e straordinario lungometraggio Io e il vento (1988).
[Da  www.mymovies.it ]